lunedì 24 novembre 2014

Compulsioni: si può guarire?


Quando si parla di compulsioni ci riferiamo a comportamenti  rituali o pensieri ricorrenti nella vita psichica di un individuo. Tali comportamenti vengono messi in atto al fine di porre fine ad un costante stato di angoscia e dubbi, spesso accompagnati alle ossessioni. Un esempio concreto di compulsione è l’esagerata necessità di lavarsi le mani ripetutamente, in risposta all’ossessione di contaminazione. Nelle prossime righe scopriremo le compulsioni più diffuse.

Quali sono le compulsioni più comuni?
La persona colpita dal disturbo delle compulsioni è consapevole del fatto che determinati  pensieri e comportamenti non sono razionali, ma si sentono ugualmente costretti a rispettarli al fine di placare le sensazioni di panico e terrore. Le compulsioni più comuni sono:
- Azioni fisiche: lavarsi le mani, mettere in ordine, controllare oggetti
- Azioni mentali: contare, pregare, ripetere parole o formule
Il conteggio di cose specifiche o in modo specifico, schiarirsi la gola, controllare ripetutamente che l’auto in sosta non sia stata bloccata, tenere chiuse le porte in ogni momento, calpestare un certo colore di piastrelle o ancora accendere le luci. Davvero innumerevoli sono gli esempi di compulsioni. Svolgere ripetutamente le citate azioni è l’unico modo per avere sollievo, seppur temporaneo.

Compulsioni: i trattamenti più efficaci
Il disturbo delle nostre compulsioni può manifestarsi sia durante l’infanzia che durante la fase adulta e, soprattutto, tende a cronicizzarsi nel tempo, incidendo inevitabilmente sulla vita dell’individuo, sotto più aspetti (sociale, lavorativo, familiare,…). Più nello specifico, si parla di DOC- disturbo compulsivo- ossessivo. Purtroppo non esiste una cura specifica per tale “patologia”. Tuttavia una terapia farmacologica o una terapia cognitivo- comportamentale sembrano essere i trattamenti più efficaci. Entrambe mirano a ridurre la quantità e la frequenza dei sintomi e, in particolare,  a rendere nel tempo il soggetto meno vulnerabile ai meccanismi che alimentano il disturbo.

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